In momenti di grande cambiamento e decisioni da prendere: pensa come se fossi una madre.
In momenti di grande cambiamento e decisioni da prendere è utile pensare come una madre. Da quando nel 2013 mi sono imbattuta per caso nei TED talks è stato davvero amore a prima vista! Molti dei talk che ascolto offrono spunti e punti di vista che poi scelgo di approfondire. Sono scintille che possono accendere una miccia!
Oggi mi sono presa 10 minuti per ascoltare Yifat Susskind, attivista per i diritti delle donne, in particolare le più disagiate.
Yifat Susskind in un suo intervento TED:
Ammiro la sua forza e coraggio. Siccome il talk non è ancora stato sottotitolato in italiano, ho deciso di pubblicare la traduzione. Mi scuso sin da ora per eventuali imprecisioni! Spero che possa aiutare anche altri a riflettere sul ruolo che ognuno di noi ha ed avrà nel creare un mondo diverso, passo dopo passo, mano a mano che potremo uscire di casa, riaprire le aziende, i negozi. E dovrà affrontare le decisioni da prendere.
Nulla sarà più come prima, da Y.N. Harari a Armani da A. Baricco ai grandi filosofi lo ripetono sulle pagine dei giornali giorno dopo giorno (ecco anche un articolo interessante del The Guardian se fossi interessato!)
Quello che possiamo fare è adoperarci per scelte migliori, più eque e rispettose dell’umanità e della terra stessa.
Da dove partire?
Ecco il punto di vista di Yifat Susskind: possiamo partire dal pensare come una madre.
Una mattina, 18 anni fa, sono uscita dalla metropolitana di New York City in una bella giornata di settembre. Il sole era caldo e luminoso, il cielo era di un azzurro limpido e perfetto. Portavo mio figlio di sei mesi in uno di quei marsupi frontali, così poteva osservare il mondo.
E quando ho girato a destra sulla Sixth Avenue, quello che ha visto è stato il World Trade Center in fiamme.
Non appena ho capito che si trattava di un attacco, la prima cosa che ho fatto, senza nemmeno pensarci davvero, è stata quella di prendere il mio bambino e girarlo dall’altra parte.
Non volevo che vedesse cosa stava succedendo. E ricordo solo di essermi sentita così grata che fosse ancora così piccolo da non dovergli dire che qualcuno lo aveva fatto apposta.
L’11 settembre è stato come attraversare un confine, un confine ostile in un territorio pericoloso e inesplorato. Il mondo si trovava improvvisamente in un nuovo posto, terrificante, ed io ero in questo posto come una nuova madre. Ricordo i miei pensieri che si alternavano tra “Come potrò proteggere questo bambino?” a “Come faccio a dormire un po’ ?”
Bene, mio figlio ha appena compiuto 18 anni, insieme a milioni di altre persone che erano bambini l’11 settembre. E in quel periodo, ci siamo tutti incrociati in questo territorio ostile e inesplorato di crisi climatica, di guerre senza fine, di crolli economici, di profonde divisioni politiche, delle molte crisi nel mondo che non ho bisogno di elencare, perché ogni singolo giorno alimentano le notizie. Ma c’è qualcosa che ho imparato in questi 18 anni di genitorialità e nei miei anni alla guida di un’organizzazione globale per i diritti delle donne. C’è un modo per affrontare queste grandi crisi nel mondo senza sentirsi sopraffatti e disperati. È semplice ed è potente:
È pensare come una madre.
Ora, per essere chiari, non devi essere una donna o un genitore per farlo.
Pensare come una madre è un obiettivo disponibile a tutti.
Il poeta Alexis De Veaux scrive:
la maternità non è semplicemente il processo organico di dare alla luce. È una comprensione dei bisogni del mondo”.
Ora, è facile concentrarsi su tutti gli ostacoli che ci sono tra i nostri desideri ed il rendere questo il mondo che vogliamo: avidità, disuguaglianza, violenza.
Sì, c’è tutto questo.
Ma c’è anche la possibilità di:
piantare un seme, un seme diverso e coltivare ciò che vuoi vedere crescere, anche nel mezzo della crisi.
Majid dall’Iraq lo capisce. Tinteggia case di professione e un uomo che crede profondamente nella parità di diritti per le donne. Quando l’ISIS ha invaso l’Iraq settentrionale dove vive, ha lavorato con un’organizzazione femminile locale per aiutare a costruire una ferrovia sotterranea, una rete di fuga per attivisti per i diritti delle donne e persone LGBTIQ che sono state prese di mira. E quando ho chiesto a Majid perché ha rischiato la propria vita per mettere in salvo le persone, mi ha detto: “Se vogliamo un futuro più luminoso, dobbiamo costruirlo ora nei tempi bui in modo che un giorno possiamo vivere nella luce “. Questo è il lavoro della giustizia sociale, ed è quello che fanno le madri.
Agiamo nel presente con un’idea del futuro che vogliamo realizzare.
All’inizio tutte le idee migliori sembrano impossibili.
Ma nella mia esistenza abbiamo visto la fine dell’apartheid, l’affermazione che i diritti delle donne sono i diritti umani, l’uguaglianza del matrimonio, la caduta dei dittatori che hanno governato per decenni e molto altro ancora. Tutte queste cose sembravano impossibili fino a quando le persone non si sono attivate per farle accadere e poi, quasi immediatamente, sembravano inevitabili.
Quando stavo crescendo, sia che fossimo bloccati nel traffico o che stessimo affrontando una tragedia familiare, mia madre diceva: “Sta per succedere qualcosa di buono, semplicemente non sappiamo ancora cosa sia”. Ora, ammetterò che io e i miei fratelli ci prendiamo in giro per questo, ma la gente mi chiede sempre come affrontare la sofferenza che vedo nel mio lavoro nei campi profughi e nelle zone disastrate, e penso a mia madre e quel seme di possibilità che ha piantato in me. Perché, quando credi che qualcosa di buono sta arrivando e fai parte del farlo accadere, inizi a essere in grado di vedere oltre la sofferenza a come potrebbero essere le cose.
Certo, riuscire a immaginare un futuro come questo non è la stessa cosa che sapere cosa fare per realizzarlo, ma anche pensare come una madre può essere di aiuto.
Alcuni anni fa, l’Africa orientale è stata colpita da una carestia e le donne somale che conosco hanno camminato per giorni portando i loro bambini affamati in cerca di cibo e acqua. 250.000 persone morirono e metà di loro erano neonati e bambini piccoli. E mentre questa catastrofe si svolgeva, gran parte del mondo distolse lo sguardo.
Ma un gruppo di donne contadine in Sudan, tra cui Fatima Ahmed – è quella che ha le pannocchie in mano – ha sentito parlare di quello che stava succedendo. Allora misero insieme i soldi accantonati dal guadagno del loro raccolto e mi chiesero di inviarli a quelle madri somale. Ora, questi agricoltori avrebbero potuto decidere di non avere il potere di agire. Si stavano a malapena riuscendo da soli, alcuni di loro. Vivevano senza elettricità, senza mobili. Ma lo hanno superato.
Hanno fatto quello che fanno le madri: hanno visto sé stessi come la soluzione e hanno preso provvedimenti.
Lo fai sempre se hai figli. Prendi decisioni importanti sulla loro assistenza sanitaria, sulla loro educazione, sul loro benessere emotivo, anche se non sei un medico, un insegnante o un terapista. Riconosci ciò di cui tuo figlio ha bisogno e ti fai avanti per offrirti il meglio che puoi.
Pensare come una madre significa vedere il mondo intero attraverso gli occhi di coloro che sono responsabili delle persone più vulnerabili.
E non siamo abituati a pensare agli agricoltori come a dei filantropi, ma quelle donne stavano praticando il significato profondo della filantropia: l’amore per l’umanità.
Cos’è alla base del pensare come una madre non dovrebbe essere una sorpresa:
è l’amore.
Perché l’amore non è solo un’emozione.
È una capacità, un verbo, una risorsa infinitamente rinnovabile – e non solo nelle nostre vite private. Riconosciamo l’odio nella sfera pubblica. Giusto? Discorsi di odio, crimini di odio.
Ma non l’amore. Cos’è l’amore nella sfera pubblica?
Bene, Cornel West, che non è una madre ma pensa come una madre, lo dice meglio:
La giustizia è come appare l’amore in pubblico”.
E quando ricordiamo che ogni scelta politica è una espressione dei valori sociali, l’amore si distingue come quel valore altissimo, quello che è in grado di essere responsabile per il più vulnerabile tra noi.
E quando posizioniamo l’amore come una sorta di faro nel processo decisionale, otteniamo nuove risposte a domande sociali fondamentali quali: “A cosa serve l’economia?” “Qual è il nostro impegno nei confronti di coloro che sono nella tormenta?” “Come accogliamo quelli che arrivano ai nostri confini?”
- Quando pensi come una madre, dai la priorità ai bisogni di molti, non ai capricci di pochi.
- Se pensi come una madre, non costruisci una diga intorno alla proprietà sulla spiaggia, perché ciò dirotterebbe le acque alluvionali verso le comunità ancora esposte.
- Quando pensi come una madre, non provi a perseguire qualcuno per aver lasciato l’acqua per le persone che attraversano il deserto.
Perché sai che la migrazione, proprio come la maternità, è un atto di speranza.
Ora, non tutte le madri pensano come una madre.
Quando si sono trovati davanti ad una scelta, alcuni di noi hanno fatto quella sbagliata, nascondendosi dietro le armi o il filo spinato o il privilegio di rifiutare il resto del mondo, pensando di poter trovare la propria strada verso la salvezza in una sorta di scialuppa di salvataggio armata ,alimentata dal razzismo e dalla xenofobia. Non ogni madre è un modello, ma tutti noi abbiamo una scelta.
Salteremo su quella scialuppa di salvataggio armata o lavoreremo insieme per costruire una nave madre che possa trasportare tutti? Sai come costruire quella nave madre, come riparare il mondo e alleviare la sofferenza. Pensa come una madre.
Pensare come una madre è uno strumento che tutti possiamo usare per costruire il mondo che vogliamo.”
Prendiamoci questo tempo per pensare, e scegliere come agire in questo prossimo futuro che ci aspetta e siamo chiamati a costruire insieme.
La mia speranza: che compassione, gentilezza e lungimiranza ci guidino.
A presto.
Cinzia
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