E. Grigliè, G. Romeo “PER SOLI UOMINI. Il maschilismo dei dati, dalla ricerca scientifica al design” Codice Edizioni.
Alcuni anni fa lessi un articolo, non ricordo chi lo scrisse ma ricordo che per me divenne uno
stimolo ad aprire una nuova porta sulla realtà. Mi incuriosì davvero:
“…. perché nessuno ha mai pensato che viviamo in una realtà a quote blu: gran parte della
quotidianità in cui viviamo è fatta su misura per gli uomini. Siamo così abituate a superare le
difficoltà da non rendercene neanche conto. E siccome viviamo in una società a quote blu
abbiamo bisogno delle quote rosa. “
Quella frase mi risuonò e iniziò a farmi desiderare di capire meglio il senso delle “quote rosa”
(si parla di quote rosa per indicare il numero di posti riservati alle donne nell’organico di
determinate strutture pubbliche e private: imprese, istituzioni educative, organismi decisionali….
La Legge n. 120/2011 stabilisce una percentuale obbligatoria di presenza di entrambi i generi
nelle attività lavorative, per garantire una rappresentazione paritaria. In Italia è il genere
femminile ad essere penalizzato a causa di consuetudini sociali molto radicate, da qui il modo
comune di chiamare le quote di genere, “rosa”)
Non mi ero mai resa veramente conto di quanto la società fosse piena di paletti o trabocchetti.
Oggi la situazione sta migliorando, ma ha avuto un brusco passo indietro a causa di Covid, dei
licenziamenti e delle dimissioni volontarie che molte donne hanno deciso di compiere a causa del
carico di cura non condivisa. Licenziarsi per molte diventò l’unica soluzione perché fare due cose contemporaneamente, in quel periodo, risultava loro davvero troppo.
Avevo sperimentato molti di quei paletti come caregiver per persona con mobilità ridotta, ma non
mi ero focalizzata troppo sul fatto di essere donna, in fin dei conti mi ero dovuta impegnare
sempre e comunque, e quando ti abitui a fare fatica lo dai per scontato, diventa l’impegno che
dà piacere, come nello sport.
Le conquiste per portare TEDxBergamo alla dimensione e qualità che abbiamo raggiunto dal 2013, anno in cui presi la prima licenza, al 2019 (dopo 15 eventi di diversi generi curati o supportati) sono state il risultato di un impegno costante e soprattutto di migliaia di piccoli ostacoli superati. Tra questi ostacoli la difficoltà ad essere ascoltata e presa seriamente dagli uomini, in particolare i partner. Era indubbio che in alcune situazioni la resistenza fosse verso di me, come donna, e non verso l’idea, perchè se l’interlocutrice o l’interlocutore si rivolge all’uomo che ti sta accanto quando tu stai tenendo una presentazione, c’è qualcosa che non quadra. Il gender bias l’ho vissuto sulla mia pelle sia con uomini che con donne interlocutrici. Oppure ricordo quando, invitata a presentate TEDxBergamo ad un Rotary Club , trascorsi la serata ad ascoltare un ex manager di 83 anni. Rimasi incantata dai suoi racconti, ma quando fu il mio turno andai sul palco e raccontai il programma che stavamo sviluppando. Alla fine del mio intervento si alzò, davanti a tutti, e dopo aver applaudito disse: ” le devo chiedere scusa, ho passato la serata a raccontarle di me non sapendo chi fosse e cosa stasse facendo. Ho apprezzato molto che mi abbia ascoltato con tanto interesse”. In quelle scuse, che per me non erano necessarie, lessi gli stereotipi di genere che forse si erano attivati in lui vedendomi giovane e donna, accompagnata dal marito, co-organizer.
Anche grazie alla varietà di contenuti a cui sono stata necessariamente esposta con gli speaker, dal 2015 ho iniziato ad approfondire prima il tema della felicità e della gratitudine, come fonti di ben-essere e poi proprio il tema dei bias/stereotipi, delle scorciatoie mentali o false credenze che riducono il nostro modo di percepire la realtà nel senso più completo e di come questi siano il tessuto sul quale poggia la nostra società.
Gli stereotipi sono un reticolato invisibile di preconcetti che ci manovra, una specie di “sottosopra”. Pervade il mondo della comunicazione, della medicina, del design e dell’intelligenza artificiale, i dati che la nutrono. Se sono parziali i dati immessi nel sistema saranno parziali o distorti anche i risultati.
Il Per soli Uomini, scritto a quattro mani da Emanuela Grigliè e Guido Romeo ci offre un sunto che
tocca diversi aspetti della nostra società, senza mai giudicarla. (se hai poco tempo e vuoi ascoltare un loro contributo al Tempo delle Donne 2021, eccolo qui!
“Ci aiuta a scoprire come la cultura della discriminazione di genere si annida in tante forme che ad
alcuni possono sembrare semplici dettagli, ma che incido profondamente sul funzionamento della
nostra società… “
Distorsioni della realtà generate anche dal linguaggio adottato, sia a discapito della donna che, in
altri contesti degli uomini o persone che non si identificano nel sesso di nascita.
❓ Sapevi che le donne hanno dal 50 al 75% di possibilità in più di sviluppare reazioni avverse
ai farmaci o di morire di infarto, perché sintomi non vengono riconosciuti come tali?
Questo è determinato da una forte asimmetria della ricerca medica. La medicina di genere
vuole superare questo e molti altri problemi connessi alla disparità di conoscenza del
funzionamento del corpo della donna e dell’uomo. (anche per questo è nato il progetto
Women’s Brain Project fondato da Antonella Santuccione Chada)
❓ Sapevi che nei controlli per l’osteoporosi ai quali si sottopone ormai il 90% delle donne
italiane in menopausa, vengono sistematicamente trascurati gli uomini? la conseguenza è un
aumento delle fratture femore che portano a farti invalidità, se non decessi, di questi ultimi.
❓ O ancora, che la depressione è tradizionalmente considerata una patologia femminile ed
è quindi sotto diagnosticata negli uomini?
❓ Sapevi che gli spazi urbani sono stati progettati per l’uomo tipico bianco (caucasico) che utilizza i mezzi SOLO per andare a lavorare? E che, questo stesso stereotipo di uomo, ha poi guidato lo sviluppo interno dei mezzi di trasporto?
Ripartire da un design più inclusivo personalizzato, che si fa carico delle differenze anziché appiattirsi sulle standardizzazioni, è un passo fondamentale per costruire un mondo della taglia giusta per tutti.
Pensiamo per esempio all’ammissione delle donne nell’aeronautica militare americana degli anni ’90: perché fosse possibile non bastò la legge federale, si dovettero ripensare le cabine di pilotaggio costruite per ospitare solo uomini di altezza e peso standard. Il vecchio design aveva escluso non solo il 50-65% delle donne, ma anche il 10% degli uomini. Gli aerei sono stati, quindi, riprogettati permettendo a molte più persone di intraprendere la carriera
di pilota, commerciale o militare: come spesso accade, ciò che è positivo per le donne lo è anche per gli uomini.
❓Sapevi che la progettazione delle auto Volvo è stata sviluppata utilizzando i dati
provenienti da tutti i tipi di persone?anche donne incinte?
❓ Sapevi che il 97% delle carte stradali sono state create da uomini e inevitabilmente
descrivono le cose importanti per loro?
E ancora… che il SW per il riconoscimento vocale di Google ha il 13% di probabilità in più di
comprendere con precisione parole pronunciate da un uomo?
Per non parlare degli strumenti per comunicare: microfoni, radio… mezzi tarati su voci maschili,
del “vantaggio competitivo” che viene offerto dai titolisti italiani o dell’attitudine a chiamare per nome una professionista mentre a rivolgersi ad un uomo di egual statura ed esperienza con il cognome, in forma di rispetto.
Prova a prendere un giornale… a leggere di Samantha Cristoforetti, orgoglio italiano, un esempio tra tanti.
E parlando del mondo dell’informazione è sbalorditivo prendere atto dei dati del Global
Media Monitoring Project (GMMP), il progetto che da un quarto di secolo, ogni cinque anni,
monitora un giorno nell’informazione di un centinaio di Paesi. Nella misurazione del 2015 il
GMMP evidenzia come l’Italia sia ancora sotto la media europea, mostrando che nella nostra
penisola a fare notizia sono gli uomini: il 79% nell’informazione di stampa, radio e tv e il 73% nelle testate online (più inclusive per la quantità, una tragedia per la qualità) e Twitter.
Potresti domandarti: ma perché leggere o approfondire questi argomenti? Non è avvilete?
No, è stato fatto ed ancora si può fare tanto per avere una società a misura di tutti. Perché a ben
pensarci, una società con maggiore uguaglianza di genere aiuterebbe anche gli uomini a star
meglio.
Su 41 paesi europei analizzati la salute maschile è peggiore nelle società con gap di genere più marcati. Potrebbe sembrare paradossale, ma nei paesi più egualitari come quelli nordici sia gli uomini sia le donne dormono pure meglio.
Questo accade anche perché dove c’è meno disparità gli uomini si prendono meglio cura di sé stessi, hanno la metà della possibilità di essere depressi e meno probabilità di suicidarsi e corrono il 40% di rischi meno di morire di morte violenta e pure di soffrire di mal di schiena cronico.
Credo profondamente che prendere atto dei limiti socio culturali della nostra società è il primo passo per avere una nuova
consapevolezza e cercare ogni giorno, con i nostri pensieri, le nostre scelte e le nostre azioni, di rendere i nostri lavori, le nostre amicizie, le nostre famiglie, le collaborazioni, dei luoghi in cui la “convivenza delle differenze” (F. Acanfora) sia reale e permetta a tutti e tutte di crescere e realizzarsi.
E tu cosa ne pensi? hai letto il loro libro? e soprattutto, cosa sperimenti nella tua quotidianità? Cosa fai per valorizzare la diversità?